Cara nonna.
Aspetto e metto la testa sotto la sabbia.
Mi accorgo di farlo quando smetto di aspettare e penso a ciò che vorrei/non vorrei sapere.
Ci sono giorni in cui vorrei che quella maledetta cartella clinica arrivasse. Altri in cui spero di non sapere se c'è qualcosa di brutto da sapere.
Mi comporto da vigliacca, io che vigliacca non sono.
In compenso faccio cose che mi fanno piacere e che sanno in qualche modo di "Epifania". Non so come andrà a finire, se quell'incontro ci sarà.
Ma mi è sembrato un pò un segno. In questo momento in cui cerco in ogni modo di ritornare a Vivere, a Respirare, a Dare mi è arrivato un piccolo incoraggiamento.
E so che ci sei Nonna, che anche se sono anni che la brillantina linetti la tengo chiusa in un cassetto e che quell'odore ormai è svanito, so che ci sei. Che a guardare bene intorno ci si accorge davvero dei piccoli segni che ci vengono lasciati.
Come tornano alla memoria i ricordi. Casa tua, il frastuono del traffico che scorreva sotto. I letti alti come me da piccola. La "sala" di legno nero, con l'intarsio sardo fatta da zio Gianni. I pomeriggi passati a rotolarmi in mezzo alle migliaia di foto di visi sconosciuti, persone morte e sepolte, mai incontrate, persone partite e ritornate. Tutta la tua vita stava lì. Nella solitudine degli anni passati a guardarci crescere, a ripermi che ero sa netta rua, la prima, a scovare in ogni tiretto (non cassetto, tiretto!) a correre per tutto l'andito con in testa il velo della tua prima comunione. Pomeriggi passati a scoprire le storie degli altri, della guerra, a sfogliare la storia sulle fotografie. Fotografie di bambini che ho visto solo da vecchi, dettagli di sguardi che sono comunque i nostri, quelli che ho sul viso e che avevi anche tu.
Una notte mi ricordo che ti ho chiesto, con l'ingenuità dei bambini, indifferente alla tua già grande età, se quando fossi morta saresti ritornata.
Sei tornata, non solo nel sorriso dei venti anni della foto appesa ad un muro di casa mia, ritorni con l'amore che nel parlarmi di chi era lontano me lo facevi sentire più vicino. Parte di qualcosa di comune.
E nonna, sa sposixedda, ieri ho preso coraggio e con una scoperta casuale ho riaperto un capitolo.
Il capitolo famiglia.
Fuggo dalla mia e la vado a rincorrere su internet contemporaneamente.
Ricordi riemergono alla memoria e da lontano rivivono racconti.
E posso conoscere anche l'altro punto di vista adesso. E mi sembra qualcosa di incredibile.
E bello.
Girando e rigirando qui su internet, nonna, ho trovato pezzi della nostra famiglia.
E non avevo capito che era da mesi che mi scorrevano sotto gli occhi.
Un dettaglio qui, uno spunto là.
E poi ieri finalmente una specie di rivelazione.
E sai cosa ho scoperto nonna?Che quei pomeriggi erano un tesoro prezioso.
Che se mai diventerò nonna lo vorrei fare anche io, di acchiappare mia nipote e stregarla con i racconti.
Ma mica inventati. Come facevi tu, i racconti sono le storie delle vite di chi ci sta vicino. Anche se per poche gocce di sangue comune.
E' così strano. Io mi porto dietro una cassetta, nella mente. E trovo un'angoliera dello stesso legno. delle stesse mani.
Mi porto dietro l'immagine di un bambino vestito da pierrot e lo ritrovo qui fra le pagine di un luogo che in realtà non esiste.
Uffa nonna, davvero, a volte è atroce sentire la tua assenza nel telefono, nella voce che non sentiremo più, nel tuo profumo.
Puff...mi credi vero se ti dico che negli ultimi tempi avrei davvero avuto bisogno che tu ci fossi ancora?
Perché c'è un groppo dentro che non va via. Non si scioglie. E' fatto dei rimorsi. Di non averti potuta salutare. Di non aver avuto il coraggio per essere felice da subito quando son rimasta incinta.Per te la lontananza era la cosa peggiore che ci potesse succedere. Avevi ragione.Anche se, se fossi rimasta lì, non avrei vissuto quello che saresti stata felice di vedermi vivere.
Paesi nuovi.
Lingue nuove.
Odori a non finire.
Stranezze da circo di quelle che te la saresti fatta sotto dalle risate e avresti detto fra le lacrime: - Smettila smettila che me la faccio addosso!M'asi fattu morri e ssa risus!
Sai cosa mi piace da matti?
Che ci siamo proprio divertite.
Ti adoro, ti penso ogni tanto. Ti porto dentro. Nei denti del mio sorriso. Nei capelli e nella fronte.
Nei malumori improvvisi così tuoi. In certi lati di me che fanno in modo che mia madre mi detesti come ha volte ha detestato te.
Giro scalza e non c'è volta in cui la pelle tocca il freddo del pavimento in cui la mia mente non formuli quelle parole:- Scurza sesi! Poi ti vengono i dolori!
Ma come siamo strani ad emozionarci così.
Ma che bello anche.
E dico anche, ma ti ricordi delle buganville?e di quando ti abbiamo ricoperta di fiori e hai dovuto cercare di rimettere tutti i capelli dentro le trecce? Le tue forcine. Quando le vedo al mercato o in profumeria mi sembrano passati milioni di anni. Mi farei ricrescere i capelli solo perché avevo finalmente imparato ad usarle.
Ma ti immagini?
Aspetto e metto la testa sotto la sabbia.
Mi accorgo di farlo quando smetto di aspettare e penso a ciò che vorrei/non vorrei sapere.
Ci sono giorni in cui vorrei che quella maledetta cartella clinica arrivasse. Altri in cui spero di non sapere se c'è qualcosa di brutto da sapere.
Mi comporto da vigliacca, io che vigliacca non sono.
In compenso faccio cose che mi fanno piacere e che sanno in qualche modo di "Epifania". Non so come andrà a finire, se quell'incontro ci sarà.
Ma mi è sembrato un pò un segno. In questo momento in cui cerco in ogni modo di ritornare a Vivere, a Respirare, a Dare mi è arrivato un piccolo incoraggiamento.
E so che ci sei Nonna, che anche se sono anni che la brillantina linetti la tengo chiusa in un cassetto e che quell'odore ormai è svanito, so che ci sei. Che a guardare bene intorno ci si accorge davvero dei piccoli segni che ci vengono lasciati.
Come tornano alla memoria i ricordi. Casa tua, il frastuono del traffico che scorreva sotto. I letti alti come me da piccola. La "sala" di legno nero, con l'intarsio sardo fatta da zio Gianni. I pomeriggi passati a rotolarmi in mezzo alle migliaia di foto di visi sconosciuti, persone morte e sepolte, mai incontrate, persone partite e ritornate. Tutta la tua vita stava lì. Nella solitudine degli anni passati a guardarci crescere, a ripermi che ero sa netta rua, la prima, a scovare in ogni tiretto (non cassetto, tiretto!) a correre per tutto l'andito con in testa il velo della tua prima comunione. Pomeriggi passati a scoprire le storie degli altri, della guerra, a sfogliare la storia sulle fotografie. Fotografie di bambini che ho visto solo da vecchi, dettagli di sguardi che sono comunque i nostri, quelli che ho sul viso e che avevi anche tu.
Una notte mi ricordo che ti ho chiesto, con l'ingenuità dei bambini, indifferente alla tua già grande età, se quando fossi morta saresti ritornata.
Sei tornata, non solo nel sorriso dei venti anni della foto appesa ad un muro di casa mia, ritorni con l'amore che nel parlarmi di chi era lontano me lo facevi sentire più vicino. Parte di qualcosa di comune.
E nonna, sa sposixedda, ieri ho preso coraggio e con una scoperta casuale ho riaperto un capitolo.
Il capitolo famiglia.
Fuggo dalla mia e la vado a rincorrere su internet contemporaneamente.
Ricordi riemergono alla memoria e da lontano rivivono racconti.
E posso conoscere anche l'altro punto di vista adesso. E mi sembra qualcosa di incredibile.
E bello.
Girando e rigirando qui su internet, nonna, ho trovato pezzi della nostra famiglia.
E non avevo capito che era da mesi che mi scorrevano sotto gli occhi.
Un dettaglio qui, uno spunto là.
E poi ieri finalmente una specie di rivelazione.
E sai cosa ho scoperto nonna?Che quei pomeriggi erano un tesoro prezioso.
Che se mai diventerò nonna lo vorrei fare anche io, di acchiappare mia nipote e stregarla con i racconti.
Ma mica inventati. Come facevi tu, i racconti sono le storie delle vite di chi ci sta vicino. Anche se per poche gocce di sangue comune.
E' così strano. Io mi porto dietro una cassetta, nella mente. E trovo un'angoliera dello stesso legno. delle stesse mani.
Mi porto dietro l'immagine di un bambino vestito da pierrot e lo ritrovo qui fra le pagine di un luogo che in realtà non esiste.
Uffa nonna, davvero, a volte è atroce sentire la tua assenza nel telefono, nella voce che non sentiremo più, nel tuo profumo.
Puff...mi credi vero se ti dico che negli ultimi tempi avrei davvero avuto bisogno che tu ci fossi ancora?
Perché c'è un groppo dentro che non va via. Non si scioglie. E' fatto dei rimorsi. Di non averti potuta salutare. Di non aver avuto il coraggio per essere felice da subito quando son rimasta incinta.Per te la lontananza era la cosa peggiore che ci potesse succedere. Avevi ragione.Anche se, se fossi rimasta lì, non avrei vissuto quello che saresti stata felice di vedermi vivere.
Paesi nuovi.
Lingue nuove.
Odori a non finire.
Stranezze da circo di quelle che te la saresti fatta sotto dalle risate e avresti detto fra le lacrime: - Smettila smettila che me la faccio addosso!M'asi fattu morri e ssa risus!
Sai cosa mi piace da matti?
Che ci siamo proprio divertite.
Ti adoro, ti penso ogni tanto. Ti porto dentro. Nei denti del mio sorriso. Nei capelli e nella fronte.
Nei malumori improvvisi così tuoi. In certi lati di me che fanno in modo che mia madre mi detesti come ha volte ha detestato te.
Giro scalza e non c'è volta in cui la pelle tocca il freddo del pavimento in cui la mia mente non formuli quelle parole:- Scurza sesi! Poi ti vengono i dolori!
Ma come siamo strani ad emozionarci così.
Ma che bello anche.
E dico anche, ma ti ricordi delle buganville?e di quando ti abbiamo ricoperta di fiori e hai dovuto cercare di rimettere tutti i capelli dentro le trecce? Le tue forcine. Quando le vedo al mercato o in profumeria mi sembrano passati milioni di anni. Mi farei ricrescere i capelli solo perché avevo finalmente imparato ad usarle.
Ma ti immagini?
Ciao sa sposa, controlla da lassù se ci sono aggiornamente po praxeri. E fai in modo che ci siano dai!
Baci a valanghe
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