Sono giorni molto particolari nella mia testa.
vorrei trovare le parole giuste per descriverli a me stessa ma sono talmente calata dentro il mo cervello che riappropriarsi della realtà delle cose e della loro descrizione attraverso il linguaggio è difficile.
partiamo dalle scelte che si fanno nella vita. Quelle che la vita la cambiano, la stravolgono, nel bene e nel male.
Le scelte meditate e quelle improvvise, dettate dall'istinto.
Due anni fa ho avuto la certezza di avere toccato con mano l'ineluttabilità del destino. E ho capito che non ci vengono proposte prove che non siamo pronti a superare.
ora sono punto e a capo.
con una prova nuova. una di quelle toste, che sai da subito che sarà tosta e ti sbatte la faccia contro lo specchio e ti dice guardati bene, guardati adesso, perché dopo sarai diversa.
dopo non sai come sarai ma sarai diversa.
qui si parrà la tua nobilitate.
e quando credi che le forze siano allo stremo, quando credi che le energie che ti son rimaste non saranno sufficienti, quando sei convinta di essere alla frutta ecco il destino, 'sto beffardo, che ti dice che se guardi bene, di energie da spendere ne hai ancora, ed è arrivato il momento di tirarle fuori.
Mio padre ha un tumore. Lo sa da un anno e mezzo e non ha detto nulla a nessuno.
Ha nascosto il referto, la sua poca lucidità e li ha messi in una buca in cui poi ha infilato anche la testa. Coprendola di sabbia.
Inizialmente ho creduto che l'avesse fatto per non farci stare male, per liberarci dal peso che poteva diventare.
poi ho capito che non era così. Ho capito che c'era ben poco coraggio dietro il suo gesto.
non c'era neppure disperazione.
c'era però la volontà ferma di essere seguito, accudito, servito come un padre malato merita.
Mio padre è sempre stato un bugiardo, di quelli che negherebbero anche l'evidenza, lo è da sempre, da quando lo conosco e cioè da quando ci litigo perché è troppo grosso per stare dietro al dito delle balle che racconta.
Non c'è stata sincerità nelle sue parole, neppure al momento in cui mi ha detto che stava male. non ha avuto il coraggio di dire cosa avesse, ha pianto, e mi ha detto che aveva paura dell'operazione, ha detto di aver pensato tanto a mia sorella e a me. Ma non ha detto la verità, neppure in quel momento.
le sue parole sono state queste.
- forse c'è qualcosa che non va ma si tratta di un polipo.
- Dài babbo, non ti preoccupare, si toglie e poi ti rimettono a nuovo.
Quando mia madre è tornata le ho detto che avevo parlato con lui.
- Cosa ti ha detto?
- che ha un polipo e che lo opereranno lunedì.
- non ti ha parlato delle metastasi?
Io non credo di aver mai provato pena o pietà per mio padre. In nessun momento della mia vita.
Lo ho sempre ritenuto un uomo egoista che per noi ha fatto tanto ma che non ha mai avuto coraggio.
Che persona snaturata che devo sembrare a pronunciare queste parole, vero?
me lo dico da sola. Ma è la verità.
Per chi non riesce a nascere nel mondo a prendere consapevolezza di sè, a incuriosirsi della vita e a godere di ciò che offre, per chi sceglie le strade comode che non portano ad arricchirsi, chi non fa che pretendere dagli altri di essere messo al centro del mondo senza che il centro del suo mondo si allontani da se stesso non provo pietà o pena.
Io comunque lo amo da sempre, mio padre, conscia di ciò che è, lo amo perché è lui, perché era Babbo Natale e perché era quello che parlava con l'Australia e mi teneva in braccio a farmi farfugliare ai suoi amici lontani e vicini in inglese. Lo amo per le anguille arrosto e per le melanzane che si sciolgono in bocca. Lo amo per il ceffone che mia ha fatto riprendere contatto con la realtà che era punizione e perdono ma mi ha fatta scegliere per la vita piuttosto che per un taglio netto dettato dalla fifa. Lo amo per i soldi che gli ho rubato e che ha fatto finta di non vedere. Per le scritte col pennarello blu (non si fum!, cazzo fumi?, ma allora sono tue!, buttami!) - sulle sigarette di un pacchetto di marlboro da dieci che non avrei dovuto fumare e che dopo le scritte col pennarello blu non ho davvero potuto fumare. Lo amo per come stava appeso alla maniglia del passeggero mentre mi portava a fare le guide. Per quando mi ficcava la testa sott'acqua perché non avessi paura delle alghe sul fondo - metodi montessoriani....
Non mi sono mai allontanata dall'amore che provo per lui, neppure in questi giorni in cui lo vedo tirare fuori il lato più malato della sua personalità, il lato di chi sa di poter crepare fra poco ma non ha fatto nulla per evitarlo. Il lato di chi non sa mostrare gratitudine in nessun momento ma solo pretendere, anche quando sta, forse, per crepare.
Non provo rabbia nei suoi confronti. Sono profondamente delusa. perché ho creduto per tutti e 34 i miei anni di avere davanti uno che amava ironizzare, scherzare. Non erano scherzi, era proprio così. Cinico, egoista e vigliacco.
Incapace di tener fede alle promesse.
di fedeltà.
di prendersi cura nella salute e nella malattia.
di onore e rispetto dell'altro.
e la doccia ghiacciata della delusione, per chi lo ama è fonte di milioni di emozioni.
Reggo la botta, vado dritta, la società capisce e asseconda chi deve badare ai malati.
mi tengo dentro la delusione amara, cociente, di sapere che non ha voluto godersi un cazzo della sua vita.
Non ha neppure voluto immaginare di diventare nonno, di vedere cosa c'era dopo questa prova che avrebbe potuto essere meno devastante, magari di vedere come si può crepare nel proprio letto. Pensavo fosse attaccato alla vita, un guerriero. Ha saputo solo negarsi possibilità, futuro. Mangiarsi come un tumore da solo, davanti una cazzo di televisione.
Puah.
A me rimane da sfiorare i misteri, mi sto aggirando in questi giorni fra la vita che nasce e quella che se ne va. Senza capirli, intuendono soltanto la portata dalle potenzialità che svelano grammo dopo grammo il peso di scegliere di vivere.
E sta nascendo una voglia di ribellione fortissima.
Che mi esplode nel cervello con piccoli lampi accecanti. e mi accrogo di non essere mai stata più lucida e pronta a cogliere gli stimoli.
a tirare su chi crolla, a mandare avanti la mia vita, a obbligarmi a fare i km in macchina per poter godere del compleanno dell'uomo che amo o del contatto di una notte con il mio cane, a parlare al telefono di chi la vita la sta scrivendo da 11 giorni a questa parte.
me la vorrei gustare la vita, me lo ripeto da due anni a questa parte, coscientemente, minuto dopo minuto, ogni istante che mi è dato.
Ma non sono solo bocconi freschi d'estate.
Mi godrò anche questi di bocconi, li masticherò come è giusto che sia, bisogna conoscere le sfaccettature dei sapori per possederli.
Non sarà per dovere, ma per scelta.
Perché non si può scegliere quando nascere o quando morire ma è sempre una sorpresa quando accade, una sorpresa da VIVERE.
vorrei trovare le parole giuste per descriverli a me stessa ma sono talmente calata dentro il mo cervello che riappropriarsi della realtà delle cose e della loro descrizione attraverso il linguaggio è difficile.
partiamo dalle scelte che si fanno nella vita. Quelle che la vita la cambiano, la stravolgono, nel bene e nel male.
Le scelte meditate e quelle improvvise, dettate dall'istinto.
Due anni fa ho avuto la certezza di avere toccato con mano l'ineluttabilità del destino. E ho capito che non ci vengono proposte prove che non siamo pronti a superare.
ora sono punto e a capo.
con una prova nuova. una di quelle toste, che sai da subito che sarà tosta e ti sbatte la faccia contro lo specchio e ti dice guardati bene, guardati adesso, perché dopo sarai diversa.
dopo non sai come sarai ma sarai diversa.
qui si parrà la tua nobilitate.
e quando credi che le forze siano allo stremo, quando credi che le energie che ti son rimaste non saranno sufficienti, quando sei convinta di essere alla frutta ecco il destino, 'sto beffardo, che ti dice che se guardi bene, di energie da spendere ne hai ancora, ed è arrivato il momento di tirarle fuori.
Mio padre ha un tumore. Lo sa da un anno e mezzo e non ha detto nulla a nessuno.
Ha nascosto il referto, la sua poca lucidità e li ha messi in una buca in cui poi ha infilato anche la testa. Coprendola di sabbia.
Inizialmente ho creduto che l'avesse fatto per non farci stare male, per liberarci dal peso che poteva diventare.
poi ho capito che non era così. Ho capito che c'era ben poco coraggio dietro il suo gesto.
non c'era neppure disperazione.
c'era però la volontà ferma di essere seguito, accudito, servito come un padre malato merita.
Mio padre è sempre stato un bugiardo, di quelli che negherebbero anche l'evidenza, lo è da sempre, da quando lo conosco e cioè da quando ci litigo perché è troppo grosso per stare dietro al dito delle balle che racconta.
Non c'è stata sincerità nelle sue parole, neppure al momento in cui mi ha detto che stava male. non ha avuto il coraggio di dire cosa avesse, ha pianto, e mi ha detto che aveva paura dell'operazione, ha detto di aver pensato tanto a mia sorella e a me. Ma non ha detto la verità, neppure in quel momento.
le sue parole sono state queste.
- forse c'è qualcosa che non va ma si tratta di un polipo.
- Dài babbo, non ti preoccupare, si toglie e poi ti rimettono a nuovo.
Quando mia madre è tornata le ho detto che avevo parlato con lui.
- Cosa ti ha detto?
- che ha un polipo e che lo opereranno lunedì.
- non ti ha parlato delle metastasi?
Io non credo di aver mai provato pena o pietà per mio padre. In nessun momento della mia vita.
Lo ho sempre ritenuto un uomo egoista che per noi ha fatto tanto ma che non ha mai avuto coraggio.
Che persona snaturata che devo sembrare a pronunciare queste parole, vero?
me lo dico da sola. Ma è la verità.
Per chi non riesce a nascere nel mondo a prendere consapevolezza di sè, a incuriosirsi della vita e a godere di ciò che offre, per chi sceglie le strade comode che non portano ad arricchirsi, chi non fa che pretendere dagli altri di essere messo al centro del mondo senza che il centro del suo mondo si allontani da se stesso non provo pietà o pena.
Io comunque lo amo da sempre, mio padre, conscia di ciò che è, lo amo perché è lui, perché era Babbo Natale e perché era quello che parlava con l'Australia e mi teneva in braccio a farmi farfugliare ai suoi amici lontani e vicini in inglese. Lo amo per le anguille arrosto e per le melanzane che si sciolgono in bocca. Lo amo per il ceffone che mia ha fatto riprendere contatto con la realtà che era punizione e perdono ma mi ha fatta scegliere per la vita piuttosto che per un taglio netto dettato dalla fifa. Lo amo per i soldi che gli ho rubato e che ha fatto finta di non vedere. Per le scritte col pennarello blu (non si fum!, cazzo fumi?, ma allora sono tue!, buttami!) - sulle sigarette di un pacchetto di marlboro da dieci che non avrei dovuto fumare e che dopo le scritte col pennarello blu non ho davvero potuto fumare. Lo amo per come stava appeso alla maniglia del passeggero mentre mi portava a fare le guide. Per quando mi ficcava la testa sott'acqua perché non avessi paura delle alghe sul fondo - metodi montessoriani....
Non mi sono mai allontanata dall'amore che provo per lui, neppure in questi giorni in cui lo vedo tirare fuori il lato più malato della sua personalità, il lato di chi sa di poter crepare fra poco ma non ha fatto nulla per evitarlo. Il lato di chi non sa mostrare gratitudine in nessun momento ma solo pretendere, anche quando sta, forse, per crepare.
Non provo rabbia nei suoi confronti. Sono profondamente delusa. perché ho creduto per tutti e 34 i miei anni di avere davanti uno che amava ironizzare, scherzare. Non erano scherzi, era proprio così. Cinico, egoista e vigliacco.
Incapace di tener fede alle promesse.
di fedeltà.
di prendersi cura nella salute e nella malattia.
di onore e rispetto dell'altro.
e la doccia ghiacciata della delusione, per chi lo ama è fonte di milioni di emozioni.
Reggo la botta, vado dritta, la società capisce e asseconda chi deve badare ai malati.
mi tengo dentro la delusione amara, cociente, di sapere che non ha voluto godersi un cazzo della sua vita.
Non ha neppure voluto immaginare di diventare nonno, di vedere cosa c'era dopo questa prova che avrebbe potuto essere meno devastante, magari di vedere come si può crepare nel proprio letto. Pensavo fosse attaccato alla vita, un guerriero. Ha saputo solo negarsi possibilità, futuro. Mangiarsi come un tumore da solo, davanti una cazzo di televisione.
Puah.
A me rimane da sfiorare i misteri, mi sto aggirando in questi giorni fra la vita che nasce e quella che se ne va. Senza capirli, intuendono soltanto la portata dalle potenzialità che svelano grammo dopo grammo il peso di scegliere di vivere.
E sta nascendo una voglia di ribellione fortissima.
Che mi esplode nel cervello con piccoli lampi accecanti. e mi accrogo di non essere mai stata più lucida e pronta a cogliere gli stimoli.
a tirare su chi crolla, a mandare avanti la mia vita, a obbligarmi a fare i km in macchina per poter godere del compleanno dell'uomo che amo o del contatto di una notte con il mio cane, a parlare al telefono di chi la vita la sta scrivendo da 11 giorni a questa parte.
me la vorrei gustare la vita, me lo ripeto da due anni a questa parte, coscientemente, minuto dopo minuto, ogni istante che mi è dato.
Ma non sono solo bocconi freschi d'estate.
Mi godrò anche questi di bocconi, li masticherò come è giusto che sia, bisogna conoscere le sfaccettature dei sapori per possederli.
Non sarà per dovere, ma per scelta.
Perché non si può scegliere quando nascere o quando morire ma è sempre una sorpresa quando accade, una sorpresa da VIVERE.
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